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i chiamo Ennio e sono il basso solista di una corale.
E’ un lavoro bellissimo, direte voi. Certamente rispondo io: sono uno delle persone che riescono a far collimare passione e mestiere. Un lusso, un privilegio dato a pochi, pochissimi.
I sacrifici sono stati tanti: lezioni su lezioni, vocalizzi infiniti, solfeggio selvaggio, ma alla fine tutto è stato coronato dal successo. Non la fama, ma nell’ambiente sono conosciuto e apprezzato e, grazie a Dio, il lavoro non mi manca.
Da due anni sono, appunto, il basso solista di una corale professionistica.
Niente di strano, un lavoro come un altro, anzi il mio impegno è veramente minimo rispetto al ritorno sia economico che di arricchimento di curriculum.
C’è un solo problema. Sono in profonda crisi.
Vi siete mai chiesti cosa fa, cosa pensa, a chi pensa un basso solista
in concerto mentre non canta? Ossia nei tempi a volte lunghissimi nei
quali canta il coro?
I primi tempi ascoltavo e contavo, ma poi mi sono reso conto che
tutti i direttori sono bravissimi e l’attacco me lo davano anche se non
c’era bisogno.
Allora ho iniziato a cercare di cogliere nella musica quella vibrazione
che rende la bravura talento ma ahimè non l’ho mai trovata. Sono bravo
ma non avrò mai la brillanza del fuoriclasse.
Così nel tempo sono arrivato a pensare di tutto: dai libri che
dovrei leggere al prossimo cambio dell’olio della macchina; dalla lista
della spesa al decadimento morale della società odierna. Per un po’ ha
funzionato, ma poi mi sono reso conto che se avevo nella testa il
problema della fame nel terzo mondo e la mia parte musicale richiedeva
un "allegro con brio", mi si creava una dicotomia emozionale di
difficile soluzione e il mio attacco risultava quantomeno STRANO. Se ne
è accorta anche la direttrice e ho ricevuto una raccomandata di
richiamo per "una più attenta partecipazione all’esecuzione in corso".
Alla terza lettera perdo il posto e non è il caso.
Così ho cercato di fare pensieri neutri. Trovo molto complicato
descrivere un pensiero neutro: nella parola "pensiero" è racchiusa una
ricchezza che non può essere neutra. Comunque ci ho provato.
Ho iniziato contando le persone del pubblico, poi i maschi e le
femmine, poi quelli con gli occhiali e quelli senza, poi i biondi e i
castani, poi… poi…
…"Ennio sveglia, tocca a te!" era la soprano Stefania che provvidamente mi aveva svegliato dal torpore.
Anche questo metodo non andava bene.
Devo imparare a spegnere la testa. Devo imparare a non pensare,
fissare un punto imprecisato a annullarmi senza mai perdere di vista lo
spartito e i gesti del direttore.
Non è facile. La mia testa è un’accozzaglia di idee sparse e disordinate e tenerle a freno mi è quasi impossibile.
La mia crisi è nata da quando ho scoperto che mangiucchiando qualcosa posso tenere il cervello a riposo.
Una sera durante un concerto ho messo in bocca un pezzetto di
spartito, ho iniziato a masticare e tutto ha funzionato. Poi si sa’,
una pezzo tira l’altro e mi sono mangiato tutta la partitura.
Da quel giorno è stata un’escalation: Bach in insalata, Chopin in
porchetta, prosciutto e Mozart… un apoteosi musical-gastronomica.
La mia direttrice attuale mi è molto vicina, mi ha mandato da uno
psicoterapeuta suo amico che mi sta aiutando. Lui dice che posso
farcela, la pentagrammofagia è una malattia conosciuta e curabile.
Dovrò iniziare a calare le quantità gradualmente, per non incorrere
nelle strazianti crisi d’astinenza, ma prima o poi ne uscirò.
Ora vado, stasera ho un concerto, mi porterò un sacchetto di
brandelli di spartito di Haydn da sgranocchiare nelle mie pause, e buon
ascolto a tutti quanti!