Direttamente dalle pagine de l'Avvenire un articolo d'attualità, molto apprezzato e che fa riflettere assai, scritto da un parrocchiano illustre, alias l'amatissimo viceparroco (nonchè grande supporter delle nostra corale) Don Woitek
Il ventesimo
anniversario della caduta del muro di Berlino è un’ottima occasione per
analizzare i fatti storici con distacco e obiettività. Purtroppo, grazie a
servizi giornalistici unilaterali, è sembrato che il momento cruciale fosse
quello del «domino». Banalizzare è facilissimo! Ma il Muro non è caduto da solo… Ed è caduto dall’Est verso l’Ovest!
I media
italiani, che hanno dato pochissimo spazio ai discorsi dei Grandi presenti a
Berlino per le celebrazioni, si sono proprio dimenticati dei veri «grandi» che
con il loro sangue hanno contribuito alla caduta del muro di Berlino. Penso ai
21 milioni di vittime del regime comunista, penso ai sacerdoti, medici,
insegnanti, ufficiali… uccisi dai sovietici con un
colpo alla nuca e poi sepolti nelle fosse comuni, da loro stessi scavate prima
di morire nei boschi di Katyn, Ostashkov,
Kozielsk e Starobielsk (in
totale 21.857 cittadini polacchi); penso a tutti i deportati in Siberia e
sterminati nei Gulag (secondo gli archivi dell’Nkvd,
tra 1930 e 1953 vi sono passati 28.700.000 prigionieri, e 18.000.000 di loro vi
morirono).
Penso a don Jerzy Popieluszko, che prima fu
perseguitato dagli agenti del Kgb, e poi fu ucciso con una spranga di ferro il
9 ottobre 1984 dai funzionari del ministero degli Interni e gettato nel lago Zalew Wloclawski. Penso ai miei
genitori e a tanti altri fedeli alla Chiesa e alla patria, che hanno boicottato
elezioni falsate da brogli e voti pilotati, rinunciando a tutti i privilegi
distribuiti ai propri iscritti dal partito Pzpr (il
partito comunista: di fatto, l’unico partito). Penso ai lavoratori schiacciati
dai carri armati durante gli scioperi e le proteste che venivano definite
«crimini» contro lo Stato. E come non ricordare i minatori della miniera di
carbone Wujek, dove il 16 dicembre 1981, durante lo
sciopero contro la legge marziale, furono uccise 9 persone e 21 rimasero
ferite?
È nostro dovere
verso le nuove generazioni, tenere memoria di questo lunghissimo elenco di
persone di tanti Paesi che, con coraggio e spirito di giustizia, hanno
accumulato una formidabile carica di esplosivo spirituale sotto quel vergognoso
muro di divisione! Senza spargimento di sangue altrui, ma con il proprio sangue
hanno dato la testimonianza più vera alle tre parole che hanno fatto saltare
l’Impero sovietico: Dio, onore, patria.
Ed è a questa
eredità spirituale che l’Europa deve attingere per realizzare il suo sogno di
unità. Il sangue dei martiri morti per la nostra libertà è la vera forza
trasformatrice capace di compiere il miracolo del cambiamento e del progresso
verso un’Europa migliore e più giusta. È doveroso ricordare il grido di
preghiera del Papa Giovanni Paolo II in Piazza della Vittoria a Varsavia il 2
giugno 1979: «E grido, io, figlio di
terra polacca e insieme io, Giovanni Paolo II Papa, grido da tutto il profondo
di questo millennio, grido alla vigilia di Pentecoste: scenda il tuo Spirito!
Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra. Di questa Terra! Amen».
Con queste
parole forti e ispirate egli concluse la sua omelia. Come si possono tacere i
suoi viaggi apostolici nei Paesi colpiti dalla pandemia del comunismo? Le sue
parole ridavano la speranza, rafforzavano la fede e invitavano a costruire una
nuova civiltà da Lui stesso chiamata «civiltà dell’amore».
L’anno dopo
nacque Solidarnosc,
il sindacato che godeva del sostegno di tutta la nazione, della Chiesa, dei
polacchi emigrati in Usa e del presidente Reagan. Proprio Solidarnosc, durante i dieci,
difficili anni che seguirono, in un Paese depredato dai comunisti ed
economicamente distrutto, riuscì a tagliare il ponte tra l’Urss e la Germania
dell’Est. La Polonia era finalmente libera! Il governo di Tadeusz
Mazowiecki, scelto liberamente il 24 agosto 1989, e
il futuro presidente Lech Walesa dimostrarono a tutto
il mondo che il regime comunista era finalmente fallito.
Ormai i giochi
erano conclusi. La lunga rivoluzione pacifica polacca ha segnato l’inizio della
rovina dell’Unione Sovietica. La caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989
fu il frutto e la conseguenza del lungo cammino verso la libertà intrapreso da
diversi popoli assoggettati al regime sovietico.
Come non
soffrire di fronte a una tv e ad alcuni giornali che, non solo non hanno
approfondito un evento storico così importante, ma lo hanno ridotto a una
manifestazione giocosa o addirittura a uno spettacolo? Allora mi chiedo: per
noi, oggi, che cosa è più importante, il domino o colui che ha mosso la prima
tessera? Eppure Lech Walesa in qualche caso non è
stato nemmeno inquadrato; le tessere, invece, quasi una ad una…
Ancora una volta
si tenta di banalizzare la verità per la quale molti hanno offerto la loro
vita. Come cittadino europeo, residente da molti anni in Italia, protesto
contro l’informazione riduttiva e contro la banalizzazione dell’evento. Si
fanno molti progetti di «scambio culturale» tra le nazioni europee, ma nessuno
di essi può compensare l’ignoranza delle radici storiche dell’Europa. Le nuove
generazioni hanno il dovere e il diritto di conoscerle perché il loro futuro
deriva dal nostro passato.
don Wojciech Ulaczyk
Ancona
© Avvenire, 14-11-09
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