domenica 13 settembre 2009 |
Missa in Tempore Belli – Messa in tempo di guerra
Questa messa è una tra le più famose delle 14 che Haydn ha composto. Il manoscritto autografo reca il titolo di “Missa in tempore belli”, legato all’acuirsi del conflitto tra Francia e Austria; troviamo i riferimenti all’inquietudine e a minacciosi presagi bellici nel Benedictus e soprattutto nell’Agnus Dei, dove l’ombra della guerra è evocata da un cupo disegno dei timpani che rese nota la messa con l’appellativo di Paukenmesse (Messa dei timpani). Si pensa che con questo pezzo Haydn abbia voluto esprimere un sentimento anti-guerra, anche se non c'è un messaggio esplicito nel testo stesso, perché la maggior parte della messa è di natura liricamente gioiosa.
Haydn era un uomo profondamente religioso, che usava scrivere le parole "Sia lode a Dio" alla fine di ogni partitura. Come Maestro di Cappella alla corte del Principe Nicholaus II d’Esterházy, Haydn aveva il compito di comporre una messa all’anno per onorare l’onomastico della Principessa Maria Ermenegilda, moglie del Principe Nicholaus, l’8 settembre, giorno della nascita della Beata Vergine. Il suo genio si è espresso particolarmente nel finale della sua vita mantenendo fede al suo compito e completando così sei grandi messe (con orchestre sempre più grandi) per questa occasione. La Missa in Tempore Belli è stata eseguita presso la chiesa di famiglia, il Bergkirche, a Eisenstadt il 29 settembre del 1797, giorno dedicato a San Michele Arcangelo.
Il Kyrie si apre come una sinfonia in forma-sonata, con una introduzione lenta prima di passare al tema principale. Viene data particolare importanza alle parole “Kyrie eleison” (Signore, pietà) mentre il "Christe eleison" (Cristo, pietà) occupa solo quattro battute.
Il Gloria è una piccola sinfonia corale nella forma Vivace - Adagio - Allegro (veloce-lento-veloce). Particolarmente espressiva è la sezione centrale, "Qui tollis peccata mundi", dove uno struggente tema del violoncello precede e accompagna il basso solo. Al “Quoniam tu solus sanctus” si riprendono tempo e materiale tematico della prima sezione.
Il Credo è diviso in tre sezioni che rispecchiano in generale il testo. Alla scandita e magniloquente prima sezione (allegro), in cui ogni voce entra con un tema ritmico e gioioso, ciascuna con un verso successivo del testo, segue un più lento “Et incarnatus est” in do minore, cantato dal basso su un ritmo puntato dal colore mozartiano: il mistero dell’incarnazione di Dio continua nel dialogo tra solisti e coro, gravandosi di un carico crescente di fatica e dolore, fino al grido culminante del “Passus et sepultus est”. Con “Et resurrexit” la scrittura torna ad essere gioiosa con un allegro brillante. L’ultima sezione è una fuga interrotta a metà da una elaborata coda dove Haydn usa il quartetto dei solisti in antifona con il coro.
Il Sanctus ha inizialmente un carattere lento e dolce, ma a poco a poco prepara un forte quasi inquietante sul testo "Pleni sunt coeli". Si conclude con il grazioso tema dell’"Hosanna in excelsis Deo" esposto prima dal tenore solista e poi da tutto il coro.
Il primo riferimento al titolo “In Tempore Belli” si propone nel Benedictus, scritto in tonalità minore e caratterizzato da da accenti sui tempi deboli e corone su accordi dissonanti. Questo brano è impostato per lo più in brevi frasi per il quartetto dei solisti, con la melodia del soprano accompagnata dalle tre voci inferiori che ricordano gli archi pizzicati. Il tema dell’“Hosanna in excelsis Deo” è in tonalità maggiore ed è diverso da quello del Sanctus, ma ne rispecchia la struttura, in quanto vieno proposto prima dal soprano solista e poi da tutto il coro.
L’Agnus Dei inizia con un’accorata invocazione, seguita subito dal misterioso rullo di timpani a cui la messa deve il proprio soprannome. L’atmosfera in pochi istanti si fa greve di oscuri presagi, le invocazioni intensamente drammatiche rimarcate da squilli di trombe. In un attimo, con un rapidissimo mutamento di tono, gli stessi squilli diventano gioiosi nella richiesta “Dona nobis pacem”: le ultime invocazioni ripetono con insistenza, la parola Pacem, fino alla luminosa conclusione, riassunto di stilemi settecenteschi di una fede senza incertezze.
|
Ultimo aggiornamento ( mercoledì 16 settembre 2009 )
|
|
mercoledì 16 settembre 2009 |
Aggiungiamo ulteriore nota di commento tratta da www.rodoni.ch
Composta nel 1796, la Missa in tempore belli offre un rapporto
più articolato fra solisti e coro; diversi movimenti vengono però
concepiti in modo piuttosto inedito e singolare. Colpisce infatti la
giuliva espressione di trionfo che nel Kyrie cancella ogni supplica e
traccia di dolore, l’ampio dramma spirituale del Sanctus che dalla
contemplazione di Dio - dolce e commossa ma poi solenne e grandiosa -
giunge ad un’implorante richiesta di grazia e alla travolgente pienezza
liberatrice della gloria celeste, e infine il clima del Benedictus
timoroso per la venuta del messo divino; ma colpisce soprattutto
l’irruzione della storia e dell’attualità nel solare andamento
espansivo dell’Agnus Dei, brutalmente contraddetto da impressionanti
rulli di timpani e tragici squilli di trombe che ricordano la guerra in
corso come nodo cruciale da sciogliere per ottenere quella ‘pacem’ non
a caso annunciata da fanfare vittoriose. Per la prima volta dunque,
l’ambito sovratemporale del sacro viene obbligato a misurarsi con le
sofferenze del mondo: segno di una spiritualità consapevole di esigenze
nuove che permea l’intera messa, dove i temi religiosi indicano un
senso al vissuto di Haydn, che a sua volta raggiunge la più limpida
professione di fede come risposta ad urgenti domande personali; la
drammaturgia soggettiva interagisce quindi con quella liturgica, in un
perfetto equilibrio speculare. Possiamo scorgere i percorsi di questo
doppio binario anche nei movimenti drammatici delle due sequenze
maggiori. Il Gloria prorompe gioioso, risuonando in una dimensione
colossale fino a divenire tempestoso e travolgente sulle parole ‘Deus
Pater’; l’intensa melodia lirica del violoncello sul ‘Qui tollis’
esprime l’amore del Figlio e le suppliche dei fedeli in un’estatica
commozione che sfocia nell’oscurità del ‘Qui sedes’ e nel ‘Miserere’,
coniugando mirabilmente il dolore per il peccato ad un profondo
sentimento di accordo con la pietà di Cristo. Al deciso inno
baroccheggiante della prima parte del Credo subentra l’episodio
centrale “Incarnatus/Crucifixus”, concentrato sul miracolo della
trasformazione di Dio in uomo con espressioni di dolore e sofferenza
per questo sacrificio, evento grandioso carico di superiore tragicità;
nel vigoroso ascendere del “Resurrexit” Haydn sottolinea la parola
‘mortuorum’ arrestando la corsa del brano con accenti cupi e carichi di
attesa, per poi riprenderla col giubilante ‘Vitam venturi’ in una
splendida sintesi del concetto di morte e resurrezione.
|
Ultimo aggiornamento ( mercoledì 16 settembre 2009 )
|
|
|