A differenza della sinfonia, ovunque in Europa l'abbandono
dello stile tardobarocco da parte del concerto per solista e orchestra
fu molto più lento e faticoso; lo schema statico del primo movimento,
con un ritmo costante che sostiene il regolare alternarsi degli assolo
e dei ritornelli di un gruppo strumentale sempre compatto, venne
superato solo nel tardo '700 specie da Mozart, mentre nella seconda
metà del secolo giunse a vari compromessi col dinamismo della
forma-sonata non cancellando quasi mai l'impressione di una forma
equivoca, priva di autentici contrasti drammatici per l’incapacità di
trovare soluzioni alternative ad un’antica rigidezza o ad un sonatismo
che restava comunque estraneo alla natura del genere.
La produzione di
Haydn in questo settore offre spesso eccellenti esempi per qualità
della musica, ma l'opaca mediazione fra schemi tardobarocchi e
classicismo non di rado limita la forza e la vivacità inventiva; molte
sono comunque le bellezze riscontrabili all'interno di titoli dal
profilo poco interessante o convenzionale. Già il Concerto per organo
Hob.XVIII:1 (1752 circa) rivela significative peculiarità linguistiche
in un primo tempo di stile rococò ma dal piano armonico mosso,
intensamente poetico e multicolore, che pure caratterizza il discorso
caldo e fluido dell'Adagio con modulazioni di grande varietà. Gusto
raffinato, sapienza artigiana e sostanzioso pensiero musicale
distinguono a sua volta il Concerto per violino, cembalo e archi
Hob.XVIII:6 del 1756, uno dei migliori esempi dell'epoca anche per le
ricche ornamentazioni nell'Allegro moderato, la vena patetica espressa
con elegante sensibilità nel Largo e la spigliata vigoria del Presto
finale. Altri godibili Concertini per cembalo e archi non si discostano
invece da quel clima grazioso e galante che dominava l'epoca. Nel suo
periodo giovanile, l'opera più impegnativa di Haydn in questo settore
si dimostra comunque il Concerto n.1 per violoncello e orchestra
(1761/65 cca). Il tematismo è già classico ma le strutture del Moderato
sono ancora tardobarocche, col solista che nei 'tutti' torna sempre a
far parte dell'orchestra come uno strumento qualsiasi mentre il loro
dialogo tenta, con scarso successo, di evitare una certa monotonia di
discorso; l'intensa cantabilità dell'Adagio parla invece una lingua più
moderna, grazie anche ad efficaci rapporti fra violoncello e archi, ma
in questa pagina colpisce più la splendida concezione d'insieme che
l'effettivo contenuto musicale; cattura da parte sua l'attenzione una
sorta di moto perpetuo impresso all'Allegro molto, anche se l'eccessiva
lunghezza finisce per isterilire l'ispirazione. Maggior presenza degli
schemi classici si nota nei tre Concerti per violino (1768/70), scritti
per il grande virtuoso Luigi Tomasini, dove il solista emerge con
autorità entro una più varia scansione ritmica e dinamica, sostenuta
dall'adozione di una forma-sonata che distingue stavolta chiaramente
primo e secondo tema; ma si tratta spesso di accenni o moduli non
elaborati con decisione mentre, a parte l'accorato e lirico Adagio del
Concerto n.1, la qualità musicale non è significativa. Molto
interessante risulta invece il Concerto per cembalo e archi Hob.XVIII:3
del 1770, in quanto l'orchestra presenta un profilo più essenziale,
netto e meno massiccio del solito, articolando con la tastiera
nell'Allegro un fitto dialogo a incisi e brevi frasi melodiche,
interrotto da un lungo assolo concitato e drammatico che apre nuove
prospettive alla sezione di sviluppo; nonostante qualche ridondanza
questo primo tempo è il più moderno sinora scritto da Haydn, come lo è
anche la parte centrale del Presto per le sequenze modulanti del
cembalo e un suo particolare rapporto dialettico con gli archi che
rende stilisticamente omogeneo l'intero concerto. Haydn tornò ad
occuparsi del genere nell'ultimo ventennio della sua carriera. Il
Concerto per cembalo e archi Hob.XIV:11 (1782) si apre con un limpido e
frizzante Vivace, dove manca tuttavia una seconda idea utile a
drammatizzare un brano che ancora ospita le novità del concerto
classico entro vecchi schemi monoritmici e monotematici; siamo perciò
lontanissimi dalle coeve Sinfonie n.76/77, dove lo stile settecentesco
si tramuta in linguaggio del secolo successivo, così come distante da
esse appare l'incerta fisionomia del Concerto n.2 per violoncello e
orchestra (1783) pur esibendo nei temi un'ottima qualità musicale. A
loro volta oscillanti fra Divertimento e concertismo vero e proprio
appaiono i cinque Concerti per due lire organizzate, composti anch'essi
per Ferdinando IV di Napoli fra il 1786 e l'87; spiritosi, raffinati e
garbati, spesso lievemente malinconici nei cantabili e percorsi da una
scrittura concertante che rende fluido il passaggio fra 'soli' e
'tutti', non raggiungono però la vetta eccezionale dei Notturni. Con il
Concerto per tromba del 1796, scritto per Anton Weidinger e il suo
strumento capace per la prima volta di eseguire l'intera scala
cromatica, Haydn conclude infine la sua produzione concertistica con un
occhio attento agli sviluppi del genere nel tardo '700 e l'altro
rivolto a formule obsolete; scarsa é quindi la varietà del discorso,
dai toni brillanti, melodici o pomposi che non nascondono una poco
convincente invenzione musicale.
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